“Bambinisenzasbarre” ha riunito le famiglie per una mattina: «Un momento normale per chi è fuori, qui è straordinario»
Due portoni si schiudono alle 10.15 precise nel cortile della casa circondariale di via Barzellini. Sono come due sorrisi che affiorano su un volto solitamente grigio e scuro: quello dell’enorme e vetusto edificio carcerario. Da una parte fanno capolino 5 detenuti. Dall’altra, in un’esplosione di palloncini e di tenera gioia, ci sono i loro bambini, una decina. «Papà, siamo qui!».
Carceri aperte
Pochi secondi per corrersi incontro e sciogliersi in mille abbracci, di quelli che portano oltre quelle sbarre e i dolori di ogni giorno. Sono i fotogrammi della “Partita con mamma e papà”, la giornata che da 7 anni vede i genitori detenuti giocare assieme ai propri figli, nell’ambito della campagna annuale “Carceri aperte”.
Per il Fvg e per il penitenziario di via Barzellini, era la prima volta in assoluto. A organizzare l’iniziativa, l’associazione Bambinisenzasbarre, in collaborazione con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia.
A Gorizia si sono impegnati proprio tutti per questa mattinata diversa dalle altre: la responsabile dei servizi educativi del carcere, Margherita Venturoli; la polizia penitenziaria; i volontari della Crvg del Friuli Venezia Giulia e della Croce Rossa, gli scout del Gorizia 3. E il garante per i diritti delle persone private della libertà personale, don Alberto De Nadai, che osserva compiaciuto come farebbe un nonno. Attorno, fissati su quelle sbarre, i disegni degli stessi detenuti: raffigurano tutti spazi ampi, sterminati. C’è spazio per due tiri a pallone, per qualche canto accompagnati dalla chitarra, per qualche momento ludico e per un’attività di truccabimbi.
Un evento straordinario
«La possibilità di giocare e di condividere un momento di serenità che per tutti gli altri bambini è normale – spiega Venturoli – per i figli dei detenuti e le loro famiglie è qualcosa di straordinario. Ed estremamente benefico». Per comprenderlo, basta incrociare lo sguardo con uno dei cinque papà. Il suo volto rimarrà rigato dalle lacrime per tutto il tempo, pallonata dopo pallonata, eppure illuminato da un sorriso impossibile da descrivere.
Mancanza di personale
«Dietro una mattinata semplice e gioiosa come questa ci sono molte difficoltà da superare – spiega il dirigente aggiunto della Penitenziaria, Guido Tipaldi -. Ci fosse più personale, potremmo organizzarne più spesso». «Lottiamo ogni giorno per fare del carcere un luogo di passaggio e non di alienazione – prosegue Venturoli -. Un risultato di cui andiamo orgogliosi è che 8 detenuti su 65 in questo momento lavorano fuori queste mura. Addirittura le aziende e le società di lavoro interinale ci fanno richiesta: da un lato è il segno della crisi occupazionale, dall’altro è un cambiamento di mentalità non da poco nei confronti del carcere. Faremo anche dei corsi di primo soccorso e di utilizzo del defibrillatore con Croce Rossa, e ripeteremo l’esperienza del laboratorio teatrale», assicura.
Al termine della mattinata tutti chiedono una foto ricordo: gli agenti lasciano fare e rassicurano bonari: «Ve le faremo avere quanto prima». Sono 100 mila i bambini in Italia (2,2 milioni in Europa) che hanno la mamma o il papà in carcere.
Da Il Piccolo del 04.06.2023, articolo di Luigi Murciano